domenica 29 marzo 2009
Primo Esercizio di Stile
Ho un gioco da proporre ai miei poeti cadaveri. Vi do una frase: "one more cup of coffee 'fore I go ". Una frase di Bob Dylan, ma anche se conoscete il resto della canzone cercate di ignorarlo. Voglio che immaginiate ex novo cosa potrebbe voler dire, in che situazione la si potrebbe usare. Voglio che raccontiate una storia
su questa frase, che scriviate una poesia. Io metterò il primo racconto.
Se vi viene qualcosa mandatemelo per e-mail.
Un'altra tazza di caffè
L’umido lo ha ferito appena sceso a terra, piccoli aghi infilati nella carne, nei muscoli, frecce lanciate con precisione, non hanno mancato nessun bersaglio.
I marinai non sentono l’umido sulle navi- è il mare che li protegge-
non sentono gli anni sulle navi – è il mare che li tiene in forza.
Il primo passo sulla terra, che sia un molo di legno, sabbia dei tropici, asfalto di città, il primo passo rompe l’incantesimo, risputa loro addosso gli anni e i dolori che hanno evitato, da cui sono stati momentaneamente graziati.
Il marinaio entra nel bar del porto, cammina sul pavimento di legno, lo calpesta con attenzione, con cura, sembra concentrato nel mettere un piede davanti all’altro. Non ha più i piedi adatti a questo legno che sta fermo, che non ha una sua forza, un suo movimento, non ha più i piedi per la terra.
Nelle narici solo l’odore di salsedine - l’unico che ormai può sentire- perfino il rum – come ogni marinaio immaginario beve rum - ha perso il suo odore. Così, coi piedi malfermi e le narici troppo piene di sale e alghe, siede ad un piccolo tavolino di formica laccato, con le poltroncine rosse ben chiuse nella plastica. Guarda in alto verso una piccola cameriera bionda con una divisa dello stesso rosso delle poltroncine e un cappello da pirata.
< Caffè, signore?>
< Non posso più odorare il rum, quindi neanche il caffè. Non è poi che mi dispiaccia troppo sentire solo l’odore di mare > le spiega paziente < ma non capisco a cosa serva bere senza poter odorare.>
< Non abbiamo rum, signore.> Senza aspettare una risposta gli versa qualcosa nella tazza, qualcosa che il marinaio prende per pece bollente. Bisogna sempre avere pazienza quando si tratta di persone di terra.
< Non ho mai bevuto il caffè. Ho bevuto per tutta la vita solo rum, e acqua di mare. Non so neanche se mia madre mi abbia mai allattato. Non credo però.>
La piccola cameriera gli chiede come sia possibile non aver mai bevuto altro che rum e acqua di mare. La piccola cameriera pensa a tutte le calorie del rum, e alla ritenzione idrica che deve portare l’acqua di mare.
< Anni fa venivo spesso in questo posto, allora non lo servivano il caffè, poi, per molto tempo non sono più sceso a terra. Mi piaceva questo posto, allora il legno era marcio, credo un po’ verde, ma non c’era mai abbastanza luce e non ero mai abbastanza sobrio da distinguere i colori. In effetti non sono proprio vecchio. Ma è molto che la mia giovinezza è lontana.> La cameriera lo guarda silenziosa, non osa allontanarsi.
< C’erano donne bellissime, non che tu adesso non lo sia, ma loro erano diverse. Diverse l’una dall’altra, ogni loro abbraccio aveva una morbidezza ineguale, ogni loro bacio un gusto proprio. C’era il sapore del rum, il suo bruciare lento la gola, pizzicare le narici, il suo alleviare i dolori. E c’erano i racconti degli uomini di terra, storie a cui nessun marinaio riusciva a credere. Storie che parlavano di uomini, storie che parlavano di amori lunghi vite intere, che parlavano di inferno, di paradiso. Storie che se avessi ascoltato sul ponte della nave avrei trovato ridicole, ma in questo posto ascoltavamo, credevamo e loro ascoltavano e credevano.
Per me tutto questo era “Terra”, il grido che riempiva la bocca dei passeggeri della mia nave, che io non riuscivo a capire. Quel grido riempiva la mia testa e le mie orecchie solo qui, con quelle donne, col marcio del legno, col rum profumato, colle storie di terra. Barcollavamo sempre, nell’entrare e nell’uscire, avevamo il mal di terra, e il mal di rum.
Ho smesso di venire qui quando ho capito che stavo invecchiando.
Quando l’aria del porto ha cominciato a torcermi le nocche e le ginocchia, quando le stelle e il sole si sono offuscati, e la mia memoria è diventata più forte. Allora ho smesso di scendere a terra. Lo fanno in molti, vogliono morire in mare, uccisi da un’onda, forse da un tritone, affogare per seguire il canto di una sirena, anche sfracellarsi su uno scoglio… Meglio così che sbriciolarsi per la vecchiaia.
Un giorno ospitai sulla mia nave un poeta. Mi raccontò che gli occhi dei vecchi si riempiono di rugiada, che le loro bocche sbavano, che il pensiero vaga. Ospitai anche un altro poeta, uno cieco, ma successe molto tempo prima e quasi non lo ricordo più. Quando ho iniziato ad invecchiare ho deciso che non volevo decompormi durante la vita, e sono rimasto in mare. Ho fregato la vecchiaia.
Grigia Signora che
accarezza le guance della gente,
alza un braccio
di ragnatele,
lascia impronte
di polvere scura.
Non nascon fiori dove cammina,
ma bianche mani che tingon capelli,
gli occhi diventano acquosi di brina
chiare e solcate diventan le pelli.
Non ho mai avuto, però, l’intenzione di fregare la morte. Non è possibile, prima o poi viene a prenderti. Ha cercato e trovato amici e nemici. Ho sentito le sue mani artigliare i piedi di un compagno di vedetta con me la notte, ho sentito la sua falce abbattere uomini alla mia destra e alla mia sinistra. Aspetto colla rassegnazione di chi si sa il prossimo. Ma sono secoli, forse millenni che mi ignora.>
Beve l’ultimo sorso di caffè, fa una smorfia alla cameriera che si è seduta di fronte a lui. Per essere più attenta ha sollevato la benda nera dall’occhio destro.
< Ma allora perché sei sceso a terra?>
< Per beffeggiare la vecchiaia, per deridere gli uomini di terra raccontando la mia storia. Perché io vivrò ancora a lungo sulla mia nave, io non perderò mai le forze e canterò con la mia ciurma.
Vecchi rugosi cantate da soli
l’ultimo canto
cigni accasciati non più bianchi, brillanti
ma grigi cadenti, quasi
affogate nel vostro letame e
vi consolate delle poche stelle che
gli occhi cisposi posson guardare.
Presto dovrò tornare alla mia nave, l’unico luogo in cui tutti sentono solo l’odore del mare. Ma prima dammi un’altra tazza di questo schifo di caffè.>
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