lunedì 13 aprile 2009

poeti morti


Strisciamo piano, fuori dalla nostra bara, ne rosicchiamo il legno scadente, le schegge si incastrano tra i denti, si conficcano nelle labbra. Ma noi non sanguiniamo. Siamo morti.
La terra si infila sotto le unghie, ma solo a quelli di noi che ancora le possiedono, gli altri hanno solo ossa. Più difficile scavare con le ossa.
Abbandoniamo il nostro riposo buio, odoroso di terra e muschio, affollato di insetti e vermi. Risaliamo al freddo, al cospetto di quella che un tempo chiamavamo oscurità, notte, ma che adesso, con le nostre pupille incerte chiamiamo luce accecante.
Solo quando finalmente l’ultimo corpo, l’ ultimo osso sono arrivati in superficie, allora e solo allora, sediamo in cerchio. Iniziamo a raccontare le nostre storie.
Seguirà, spero a breve, la storia del primo morto. In questo che spero diventi una sorta di grottesco Decamerone.
Per chi volesse unirsi alla compagnia e raccontarci la storia di quando era vivo, può spedirla a penelopesilver(at)gmail(dot)com

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